È sorprendente la somiglianza tra l’uomo e i mammiferi marini in termini di riflessi e adattamento fisiologico alla vita in acqua. Forse non è una coincidenza, e potrebbe esserci anche una spiegazione evoluzionistica.
Molte persone sono attratte dall’acqua, e i bambini in genere la adorano. Di fatto i neonati sono in grado di nuotare e galleggiare grazie allo spesso strato adiposo, al movimento natatorio naturale, e al riflesso d’immersione congenito che impedisce all’acqua di entrare nei polmoni. È logico chiedersi perché un essere vivente adattato alla vita terrestre come l’uomo sia anche abbastanza abile nel nuoto, soprattutto se paragonato ai nostri parenti più prossimi, le scimmie antropomorfe. Secondo la teoria più diffusa sul processo evolutivo dell’Homo Sapiens, i nostri antenati divennero bipedi circa cinque milioni di anni fa nei grandi spazi aperti delle savane africane. Disporre delle mani libere permise ai primi uomini di maneggiare armi e altri strumenti, ma esistono alcuni punti di vista che si oppongono alla cosiddetta “Teoria della Savana”. È emersa infatti una teoria evolutiva alternativa in contrasto con quella più diffusa. L’uomo non ha l’aspetto dei tipici animali terrestri né da un punto di vista anatomico né fisiologico. Ad esempio la nostra pelle è liscia e possediamo uno spesso strato di grasso sottocutaneo e siamo privi di una pelliccia o un piumaggio che costituiscono un isolamento migliore contro l’aria, mentre il grasso è più efficace in acqua. Il corpo allungato e la spina dorsale, il grosso cranio e la camminata innaturale suggeriscono l’appartenenza a una famiglia animale completamente diversa, cioè quella dei mammiferi marini. Naturalmente gli esseri umani non discendono dai delfini o dalle foche, ma molti tratti in comune hanno portato alla nascita della Teoria della scimmia acquatica. Secondo questa teoria, sostenuta anche dallo zoologo Sir Alister Hardy e soprattutto dall’autrice Elaine Morgan, l’uomo moderno si è evoluto lungo le coste dell’Africa Orientale. L’ambiente costiero ha portato a potenziare tratti che erano vantaggiosi in acqua. Questi esseri umani primitivi svilupparono anche una locomozione su due arti perché andavano a caccia di cibo in acque poco profonde, dove pescavano molluschi e altri prodotti di cui cibarsi, ma ci fu anche un’evoluzione del riflesso d’immersione andando a caccia di pesci e altre fonti di alimentazione in mare. Questi cibi erano ricchi di acidi grassi omega-3, uno dei componenti principali dell’olio di pesce, che portarono allo sviluppo di un cervello di maggiori dimensioni in un periodo di tempo relativamente breve. Oggi la scienza ha dimostrato che gli acidi grassi polinsaturi sono molto importanti per lo sviluppo del cervello e per la funzionalità del sistema nervoso. la capacità di controllare la respirazione si sarebbe rivelata fondamentale durante le immersioni e un cervello più complesso avrebbe portato presto alla creazione di un linguaggio progredito.
Fonte Breatheology